giovedì 7 novembre 2013
IL COLERA
Ho ripreso in mano di nuovo il libro di Marquez “L’amore ai tempi del colera”.
Un capolavoro lento, inesorabile, scritto da una penna precisa, meticolosa.
Florentino e Fermina, 53 anni, 7 mesi, 11 giorni notti comprese,
tanto è durata l’attesa di Florentino, con fede incrollabile e paziente, deviante, verso la sua Fermina, la più bella ragazza della Colombia.
La storia di un desiderio che non si sopisce mai, anzi si rafforza nel corso di 53 anni, 7 mesi, e 11 giorni, notti comprese
Marquez dice:
“Nel corso degli anni entrambi arrivarono, seguendo vie diverse, alla conclusione saggia che, non era possibile vivere altrimenti, ne amarsi altrimenti: nulla a questo mondo era più difficile dell’amore.”
Niente è davvero più complicato dei rapporti d’affetto, che siano non solo quelli fra uomo e donna, ma anche fra amici veri, figli, o genitori. L’amore è il rischio dei rischi.
Lo è perché lascia scoperta la parte più vulnerabile dell’essere: l’anima.
Quella che non si può difendere. E se l’anima viene ferita, non ci sono bende da applicarci in nessun modo per lenire l’ulcera. La dinamica dell’amore è dare corso all’io, essere capaci, come dice Marquez, di avere conversazioni senza inciampi.
L’inciampo, causa il malinteso, ed il malinteso la ferita, la ferita l’irrigidimento, il dolore agli arti, e il male inconsulto allo stomaco, il vomito, la diarrea, come conviene il grande poeta:
“I sintomi dell’amore sono gli stessi del colera”.
Brutto male. Ma peggio non averlo.
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