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La cialtroneria

lunedì 14 gennaio 2013

TO KALON

Dice Voltaire:
“Chiedete ad un rospo cos’è la bellezza, il grande bello, il to kalòn. Vi risponderà che corrisponde alla sua femmina. Chiedete ad un negro della Guinea; il bello per lui è una pelle scura, oleosa, occhi infossati e una naso schiacciato. Consultate i filosofi, vi risponderanno con discorsi contorti; essi hanno bisogno di qualcosa di conforme all’archetipo del bello in sé, al to kalòn.”
Prosegue: “Un giorno assistevo ad una tragedia, seduto accanto ad un filosofo:”Quanto è bella” diceva, “Che cosa ci trova di bello?” chiesi “Il fatto”disse”che l’autore abbia raggiunto il suo scopo”. Il giorno seguente, prese una medicina che lo fece stare bene. “Ha raggiunto il suo scopo” dissi ”ecco una bella medicina”.
Comprese che non si può affermare che una medicina è bella e che per attribuire a una cosa il nome di bellezza è necessario che essa provochi in voi  AMMIRAZIONE E PIACERE.  Convenne che la tragedia gli aveva ispirato questi due sentimenti e che là stava il to kalòn, il bello.”
Oggi volevo parlare del concetto di bello, visto che vengo da una settimana di studi sul tema, ma questa dichiarazione di Voltaire, è esaustiva a raccogliere le mie conclusione riguardo a questo tema. Il bello deve suscitare ammirazione e piacere.
Per i greci to kalòn era tutto ciò che comprendeva quello che è gradito all’occhio, all’orecchio, le qualità del carattere e della mente umana. Perciò il to Kalòn greco, non si limitava ad identificare qualcosa di aspetto “piacevole”, ma era la filosofia del bello che coinvolgeva tutti i sensi. Questo sottolinea come siamo distanti oggi dalla vera filosofia del bello, che si limita ad un giudizio apparente rispetto ad un’osservazione superficiale di facciata e che di solito manca di confronti.
Il bello secondo i greci era un modo di essere, di fare, di vivere che suscita ammirazione e piacere.
Allora cosa è bello nella società del bello?
Seguendo i precetti filosofici ellenistici, non è bello niente, perché poche cose rispondono agli impulsi o aspettative del to kalòn, per assurdo noi reputiamo bella anche una medicina, esattamente come l’interlocutore di Voltaire. Siamo superficiali. Nei giudizi non capiamo a volte il concetto che comporta un dato argomento prima di avventurarci in una sentenza.
La bellezza vera è imprescindibile dall’arte e dalla virtù, quindi il concetto scava un solco più profondo oltre la crosta della facciata, dell’apparenza.
La sublimazione della virtù era definita “kalokagathìa” cioè il bello e il buono nella stessa essenza.
Concetti sempre più lontani dalla nostra società fast food… diventano definizioni quasi incomprensibili, talmente intrinseci con filosofie e concetti diversi da quelli cui siamo abituati oggi.
Ora prima di dire che una cosa è bella ci metto un po’, ma non perché non mi fido del mio istinto, quanto perché cerco di capire il livello di bellezza che voglio attribuire a qualcosa, o qualcuno rispetto al vero significato di bello.
Concetto complesso lo so ma ci ritorneremo, perché interessante, e di grande attualità …
Intanto buon lunedì..

1 commento:

  1. soprattutto come mai proprio in quella che tu definisci "società del bello" siamo circondati da tanta bruttezza e brutture come forse ma prima?

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