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La cialtroneria

lunedì 19 novembre 2012

METAMORFOSI

Ieri domenica, come mio uso e costume, ho letto il libro della domenica, il libro scelto ieri è stato: Il seno, di Philip Roth. In poche parole il professor David Kepesh, subisce una trasformazione assurda, diventa un enorme seno di settanta kg, e come potete immaginare, da questo evento la sua vita si stravolge, non può vedere, ma può sentire e parlare, il senso del tatto si acuisce e ascolta Shakespeare ossessivamente. Certamente, come a me, vi sarà immediatamente venuta in mente la Metamorfosi di Kafka, a cui lo scrittore fa riferimento, come fa riferimento al Naso di Gogol’, tutti racconti allegorici il cui unico scopo sono denunciare lo sconcerto di tutti davanti alla differenza, la mancanza di capacità di adeguarsi alle diversità, alle mutazioni per quanto assurde esse possano essere. Il filo che unisce queste opere è sicuramente il surreale, il senso di angoscia e la coscienza di sé. L’impossibile se dovesse diventare possibile, getta in una profonda angoscia, fino a farti prendere delle consapevolezze che ignoravi. Ma tanto nessuno diventerà un seno, uno scarafaggio, o perderà il naso. Vero, lasciando stare il profilo filosofico in cui non mi cimento perché non è il mio ambito, comunque una riflessione, sempre quella del mestolo, mi è sorta. Anche se non vogliamo parlare di emarginazione di reietti, o poveri, o persone con gravi menomazioni, la nostra società è diventata ancora più subdola in quanto ad esclusione; non si vuole più invecchiare, non parliamo di metamorfosi in scarafaggio, no, no, parliamo del semplice e naturale invecchiare; anche questo diventa emarginazione; devi essere sempre giovane, avere un aspetto giovane; non portare i tuoi dolori in piazza, ma chiuditi in una stanza e non far vedere il tuo degrado a nessuno, sei vecchio. È così diverso dal professore che si trasforma in seno o da Samsa che diventa uno scarafaggio? Certo, l’interpretazione più alta e filosofica, di queste opere richiede un’applicazione estesa alla società notevole, ma io mi voglio limitare solo alla vecchiaia, all’accettazione di un processo naturale, fisiologico, che comunque non è accettato, è tacciato e reo di emarginazione. Sei vecchio? Là, ai bordi del foglio, non c’è più spazio per te nel testo ufficiale e contesto sociale. Come può un anziano non avere lo stesso senso di angoscia che coglie sia il professore sia Samsa? Roth risponderebbe: la realtà è più grandiosa. La realtà ha più stile. Si la realtà a volte supera l’immaginazione e lo fa meglio, senza premeditazione. La trasformazione di TUTTI è reale,  non è un mostro, un enorme seno o uno schifoso scarafaggio, ma comunque la mutazione di un corpo sano in uno malato, degradato, è una metamorfosi, e lo scanso della società, è lo stesso dell’alienazione dei componenti della famiglia che alla vita dello scarafaggio sperano che muoia. Vedete grandi differenze? Ho l’impressione che non si debba arrivare a degli eccessi, per comprendere quanto questi artisti visionari volessero dire con le loro allegorie, il diverso di qualunque forma esso sia, è diverso, e schifato, evitato, deriso beffeggiato. Che il diverso sia più sensibile, più dotato, più in sintonia con se stesso non importa, il suo aspetto non è allineato allo standard, dunque etichettato, devi morire, non sei idoneo. Ovviamente muori da solo, convincendoti della tua colpa, paga il tuo fio. Quale? Quello di essere sopravvissuto, di essere nato di un altro colore, di non essere rimasto giovane, di esserti ammalato, di non essere ricco, di non essere un individuo di successo, insomma scegliti la tua colpa e sconta la tua pena, in religioso silenzio e… da solo. Anche se gridi all’ingiustizia come il professore nessuno ti ascolterà, alla fine penserai di essere matto, e nella tua insana follia compirai  la tua metamorfosi.
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A DOMANI!

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